La trama è una sorta di giallo, incentrato sulla dipendenza tecnologica; sembra che alla base di ogni forma di dipendenza, vi sia la necessità di evasione dalla realtà. Il testo punta il dito proprio su questo aspetto. La protagonista ha tutto ciò che le occorre per essere felice e procedere nella propria vita, tuttavia accade qualcosa che rompe il suo equilibrio e la farà precipitare; ma Polly non sarà la sola.
In “Girl in the Machine”, Steff Smith, scrive della dipendenza tecnologia, con conseguenze simili a quelle che associamo a forme più consolidate di dipendenza, per poi allargare la riflessione includendo tematiche legate al concetto di controllo mentale e ai modi in cui le nostre interazioni digitali possono essere monitorate e manipolate.
Il percorso di Polly è inserito in un’emergenza sociale di massa, che metterà a rischio l’intera società umana.
Questa circostanza porta il pubblico a riflettere sull’oggi, un mondo in cui alcuni individui già hanno i chip impiantati sotto la pelle, un mondo che già ospita il primo cyborg, Neil Harisbond, riconosciuto tale, per legge, dal Governo Britannico. Ma anche senza spingerci così in là, potremmo semplicemente considerare la devozione servile che molti hanno verso il proprio smartphone.