In un condominio di un quartiere degradato della periferia romana condividono lo stesso pianerottolo Esh, un uomo di origini indiane; Miriam, una donna proveniente dalla provincia americana; Osip, un ragazzo russo e Laura, una giovane donna italiana.
La vita di questi quattro inquilini viene scandita da equivoci e fraintendimenti: nessuno conosce a fondo i propri vicini di casa, eppure ciascuno formula ipotesi sulle identità degli altri assemblando frammenti di vita rubati dagli incontri sul pianerottolo o dai rumori origliati dagli appartamenti confinanti.
Nonostante la condivisione dello stesso stabile i personaggi sono in fondo soli. Sintomaticamente i quattro appartamenti non sono abitati da famiglie e gli accenni alle famiglie d’origine sono immaginati come realtà lontane, spesso trasfigurate.
Gli appartamenti non rappresentano luoghi di protezione bensì spazi d’isolamento, e in questa reclusione ciascuno è intento a combattere la propria lotta per la sopravvivenza. Miriam porta avanti la sua battaglia contro la povertà metonimicamente rappresentata dalle zanzare che infestano il suo appartamento e che le tolgono il sonno. Esh mette a tacere nell’alcool i suoi sensi di colpa per aver abbandonato insieme alla terra i suoi affetti più cari. Osip fa della specialità del tiro a segno la propria ossessione, mentre Laura oscilla costantemente tra la lotta per i suoi ideali e quella contro gli incubi personali.
Quali identità si nascondono dietro le iniziali che formano l’acronimo del titolo? MOEL è un thriller psicologico che non si svolge tanto su un piano di realtà quanto su un piano della mente. E proprio il “genere” a cui questa pièce sembra rispondere rappresenta l’aspetto che più di tutti chiama in causa lo spettatore. Il testo di Marco Andreoli non lascia spazio alla risoluzione dei quesiti che attiva durante il suo svolgimento, ma pungola, sfida quasi il pubblico alla risoluzione di un rebus.
Questo progetto nasce dalla volontà di mettere in scena MOEL, scritto da Marco Andreoli nel 2010, ed è il frutto dell’unione e della collaborazione di sette artisti, di formazioni ed esperienze eterogenee.
Prodotto da KHORA.teatro con il sostegno dell’associazione Ex Lavanderia e Teatro Argot Studio.