PENELOPE C’erano cose strane là fuori?
ODISSEO Mostri. Dio abbia pietà di noi.
PENELOPE Perché?
ODISSEO Perché siamo noi a crearli.
L’Iliade e l’Odissea hanno preso la forma in cui oggi le conosciamo tra il 750 e il 650 a.C. (questa, almeno, la teoria più accreditata) grazie al lavoro di un aedo che la tradizione identifica con il cieco Omero. Gli eventi della guerra di Troia definivano il limite della memoria del popolo greco e le storie che li narravano erano state preservate oralmente da cantori illetterati che le avevano tramandate attraverso i “secoli bui” (circa 1100-800 a.C.) durante i quali, in seguito all’improvvisa scomparsa della civiltà micenea, l’arte della scrittura era andata perduta.
Il tempo in cui la scrittura scenica accade non è quello della storia – che separa tra prima e dopo, tra causa ed effetto – ma quello simultaneo del mito che, come il mare, non ha epoche.
Nel viaggio di Odisseo, ogni approdo cela un pericolo, un mostro pronto a ucciderlo o una ninfa pronta a fargli scordare la sua Itaca.
Per gli antichi greci, soltanto lo stesso agisce sullo stesso, così Odisseo, per far fronte a questi continui mutamenti, è costretto a mutare in continuazione, a reinventare la propria identità. Alla fine, Odisseo troverà la via di casa proprio perché, grazie alla sua capacità di trasformarsi, saprà assecondare gli imprevisti e in base a questi ridisegnare la sua rotta.
Odisseo durante il viaggio tiene sempre Itaca a mente, non dimentica il ritorno. Ma per lui, il vero pericolo non è essere ucciso, bensì perdere la propria umanità. Che significa per Odisseo essere uomo?
Nel suo ruolo di “primo eroe scettico della letteratura” Odisseo mette in discussione l’operato degli dei, se ne lamenta, ma non arriva mai a dire che questi non esistono. Ci convive. Fugge dai “mostri” ma è lui stesso a cercarli, spinto dalla volontà di conoscere tutti i limiti dell’umano e del disumano.
L’adattamento assume come modello la struttura del dramma elisabettiano che dà la possibilità, nella messa in opera, di giocare con accorgimenti scenici, evocativi e metaforici, che coinvolgono lo spettatore in una visione spettacolare ed emozionante sempre in bilico tra passato e presente, immaginazione e realtà.
Vincenzo Manna
Daniele Muratore